Il legislatore italiano fin dalla legge n. 633/41 ha affrontato il problema dell’utilizzo della fotografia attraverso la sua tutela mediante la liberatoria. Infatti, nei casi di un soggetto ripreso in modo riconoscibile in una fotografia, occorre informarlo sull’uso che della stessa si intende fare. Ma vediamo come.
Al giorno d'oggi, la diffusione di una fotografia segue ritmi frenetici. La difficoltà di verificarne il percorso nella condivisione sui social e la speditezza con cui la stessa viene visualizzata, pone grosse responsabilità in capo al soggetto agente.
Quanti si chiedono, prima di condividere una fotografia, se sono autorizzati o meno a farlo, soprattutto da chi è stato immortalato? Sovente, infatti, parlandone con i fotografi, si evince che c'è poca consapevolezza su questo aspetto. Forse manca adeguata conoscenza dei rischi inerenti, o forse manca un intervento chiarificatore da parte degli operatori del diritto.
La persona ripresa in uno scatto può essere consapevole di ciò, o, al contrario, ignorare quanto avvenuto. Nel primo caso si ritiene doveroso per il fotografo non ritenersi autorizzato a divulgare la fotografia. In altri termini, il fatto che il ritrattato sappia di essere ripreso, non significa che autorizzi la divulgazione di quello scatto, quanto meno non implicitamente.
Nel secondo caso, invece, il problema è ancora più evidente, in quanto manca qualunque consapevolezza del fatto in capo alla persona ripresa e quindi qualunque utilizzo ne è inibito.
Proprio per questi motivi diventa utile per il fotografo attivarsi, facendosi sottoscrivere dal ritrattato una specifica autorizzazione, meglio nota con il termine di “liberatoria”.
Preliminarmente occorre precisare che nel momento in cui il fotografo fa firmare alla persona ritrattata un documento di autorizzazione, deve avere piena consapevolezza del contenuto dello stesso. Bisogna, in altri termini, evitare il rischio di un effetto boomerang sulle conseguenze di un documento poco conosciuto, e magari scaricato dalla rete.
Proprio per questo, questo mio intervento vuole indicare alcuni elementi fondamentali della liberatoria, pur sapendo di non poter comunque essere esaustiva.
Occorre l’indicazione precisa della persona ritrattata. Ciò significa indicare nome e cognome, luogo e data di nascita, residenza e codice fiscale.
Aspetto che ritengo rilevante è l’impostazione della liberatoria in capo al ritrattato e non al fotografo. Infatti, se al contrario fosse il fotografo a chiedere l’autorizzazione al ritrattato, potrebbe interpretarsi una posizione dominante del primo nei confronti del secondo.
Al contrario, il ritrattato che autorizza il fotografo alla diffusione delle fotografie risulta più equilibrato. Naturalmente, l’autorizzazione deve indicare con precisione a quale fotografie si fa riferimento, con indicazione di luogo e giorno dello scatto.
L’autorizzazione può essere concessa a titolo gratuito o a titolo oneroso. In un caso o nell'altro va specificato. Inoltre, occorre anche precisare a cosa è rivolta. Ovvero, se alla pubblicazione e/o se alla diffusione a mezzo stampa/social/altra forma delle fotografie.
Su questo aspetto occorre essere precisi, in quanto l’utilizzo non autorizzato può essere contestato e di conseguenza si può configurarne un abuso. In questo contesto meglio non fermarsi solo al progetto immediato che si ha su questi scatti, ma è consigliabile prevedere sviluppi futuri.
E’ compito, pertanto, del fotografo che vuole usare il proprio archivio in progetti presenti e futuri, determinati e/o determinabili, focalizzare gli sviluppi.
E’ necessario indicare la durata della liberatoria concessa, soprattutto se a tempo indeterminato. Questo in ottemperanza al disposto degli artt. 96 e 97 legge n. 633/41, nonchè degli artt. 10 e 320 c.c.
Mi preme sottolineare una particolare attenzione da avere in caso di manleva concessa gratuitamente, e senza limiti di tempo. Il problema può emergere nel caso in cui dal servizio fotografico il professionista possa trarne notorietà, proventi economici e quant’altro. In questo caso si rischia la contestazione dello squilibrio tra chi ha contribuito a raggiungere un livello alto di risultato finale, senza diritto al corrispettivo, e chi, invece, dallo stesso ne ha tratto indubbi vantaggi.
E se anche poi, in sede di contenzioso, si potrebbe giungere a un chiarimento, si dovrebbe comunque affrontare oneri legali.
Passiamo a trattare della menzione nella liberatoria dell’autorizzazione da parte del ritrattato all’archiviazione delle fotografie da parte del fotografo. La conservazione del materiale potrà avvenire in forma cartacea o su supporto informatico, nel rispetto, però, delle norme sulla privacy.
A tal riguardo il fotografo, divenendo custode del materiale fotografico che provvede ad archiviare, deve rispettare quelle regole che ne garantiscano la tutela da occultamento, utilizzo inidoneo o non autorizzato.
Infine, ultima riflessione sugli aspetti principali di una liberatoria, è sull’indicazione delle modalità di utilizzo delle fotografie. Questo è un paragrafo che va compilato con cura, perchè se si tralascia di indicare un tipo specifico di utilizzo, diventa poi impossibile, o quanto meno difficile, cambiare i termini in futuro.
Certo, non è facile riuscire a prevedere gli utilizzi di una fotografia nel tempo, soprattutto non tutti. Proprio per questo motivo una liberatoria va ponderata con cura e attenzione. Il tutto tenendo sempre presente la ricerca di un equilibrio tra le prospettive del fotografo e la tutela del ritrattato.
Proprio alla luce di queste considerazioni, ritengo sia troppo semplicistico scaricare dalla rete un facsimile di liberatoria senza apportare le opportune integrazioni laddove necessario.
Studio Legale
Avv. Paola CHIAPPINI
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